XXXIX Premio Abbiati – vincitori stagione 2019
Riunione telematica, 17 maggio 2020
La commissione della 39a edizione del Premio “Abbiati” (Alessandro Cammarano, Paola De Simone, Andrea Estero, Carlo Fiore, Angelo Foletto, Enrico Girardi, Giancarlo Landini, Gianluigi Mattietti, Gian Paolo Minardi, Carla Moreni, Alessandro Mormile, Paolo Petazzi, Alessandro Rigolli, Lorenzo Tozzi) riunita a distanza, dopo avere considerato le segnalazioni fatte pervenire in fase consultiva dai colleghi, ha designato i vincitori per l’anno 2019.
Per la messinscena dal segno aspro eppure visionario di Mario Martone che ha assecondato le qualità epiche della narrazione, mentre l’ispirata direzione di Valery Gergiev, in virtù di una rigorosa concertazione, ha definito in modo esemplare sia lo stile sia le profonde, telluriche sonorità del teatro musorgskijano, valorizzando le risorse di un cast ottimamente assemblato.
Per i concerti memorabili dedicati a Beethoven e Strauss di cui il nuovo direttore dei Berliner è stato protagonista in aprile con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai a Torino e con quella dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma. In queste interpretazioni la nitida linearità, “classica” nel rispetto del testo, si univa a energia e vitalità (mai esteriori) e chiarezza nella definizione del suono, originali e personalissime.
Per la capacità di entrare in sintonia e declinare visivamente generi e forme operistiche diverse, in quattro allestimenti che rimangono impressi nella memoria. Giulio Cesare è uno scrigno di invenzioni sceniche in miracoloso equilibrio di poesia e ironia; Don Carlo un dramma inquietante e metafisico, tra zone d’ombra e luci di sinistra ambiguità; Orfeo e Euridice e Idomeneo conquistano come toccanti apologhi morali, grazie al magistrale lavoro “a mani nude” su coro e personaggi: ancora più che in passato il suo teatro musicale è povero di apparato ma ricco di umanità.
Voce affascinante per timbro e colori, tecnica raffinata, eccellente musicalità e conoscenza dello stile, unite all’appeal del portamento, alla recitazione trascinante e incisiva e alla felice adesione alla regia, hanno dato completa realizzazione al personaggio di Marietta, di cui ha colto con teatrale intuizione la funzione drammatica e le implicazioni del carattere.
Con bellezza di voce, rigogliosità di fraseggio e aderenza al personaggio disegna un Tolomeo da manuale, al quale conferisce una cifra che risulta insieme personalissima e in totale sintonia con la visione registica di Robert Carsen.
Per il progetto di restituzione al pubblico dell’opera mai rappresentata e allestita nella platea del Teatro Donizetti in ristrutturazione convertita in cantiere-isola-mondo-palcoscenico. Per l’idea scenica del regista-direttore artistico Francesco Micheli, instradato da Angelo Sala e coadiuvato dal gruppo di lavoro che ha pensato, realizzato e vestito i costumi di carta (Margherita Baldoni, Valentina Volpi, Silvia Pasta, Cinzia Mascheroni, Francesco Tagliarini, Celeste Rattazzi, Daniela Cannella e Stefania Meo); condensando l’emozione per la rinascita di una musica ritenuta persa e lo svolgimento in uno spazio teatrale irripetibile, dal forte senso spettacolare e dall’assertivo significato civile.
Raramente eseguito in Italia, Haas è stato al centro di un ampio progetto ospitato a Matera, capitale europea della cultura 2019. Dopo aver esplorato le potenzialità acustiche dei sassi materani, Haas ha composto sei lavori per organici differenti, tra i quali il Quartetto n. 11, eseguiti nei luoghi storici della città nell’arco di un’intera giornata, facendo scoprire al pubblico la forza rituale e incantatoria della sua musica.
Per i magistrali allestimenti di Ariodante di Händel (Piccola Scala), della Götterdämmerung di Wagner (Firenze) e della Semiramide di Rossini (Torino).
Per aver tradotto, con ironica freschezza ed eleganza, il tono semiserio dell’opera rendendo visibili, in equilibrio sottile fra realismo e fantasia, i microcosmi caratteriali di ciascun personaggio attraverso il garbo stilistico dei costumi novecenteschi e la fluida inventiva scenica, messa in atto da Federica Parolini utilizzando giganti scatole in latta delimitanti spazi scomponibili, viste come sotto l’effetto di una lente d’ingrandimento che è specchio dei sentimenti.
Per l’alto profilo progettuale e per l’efficacia qualitativa degli esiti a valenza internazionale messi a segno dal giovane ensemble paneuropeo, creato con tirocinio triennale e su geometria variabile entro una vivace rete d’intesa fra gli ambiti della ricerca musicologico-scientifica e della formazione e promozione di nuovi talenti, con la duplice finalità di produrre e restituire, sia in sede concertistica sia discografica, repertori strumentali e teatrali rari o inediti del Sei-Settecento musicale non solo di scuola napoletana.
Misia Jannoni Sebastianini violino Martina Santarone viola Simone Chiominto violoncello Antonino Fiumara pianoforte.
Per la capacità di realizzare, con regolarità dal 2005, una rassegna di opere da camera e di spettacoli per ragazzi allestiti dal vivo, ponendo al centro, nelle differenti declinazioni, il linguaggio teatrale lirico-musicale, offerto in un originale repertorio creato appositamente per bambini e ragazzi. Perseguendo al tempo stesso la valorizzazione dell’esecuzione dal vivo, l’originalità delle commissioni a giovani compositori proposte sovente in prima esecuzione e il fondamentale coinvolgimento del pubblico più giovane.