XXVI Premio Abbiati – vincitori stagione 2006
Riunione Milano, 9 maggio 2007
Ospite degli Amici della Scala di Milano il 9 maggio 2007, sulla base delle segnalazioni dei colleghi dell’Associazione, la giuria della 26a edizione del Premio “Abbiati” (Sandro Cappelletto, Franca Cella, Franco Chieco, Andrea Estero, Angelo Foletto, Enrico Girardi, Giorgio Gualerzi, Giancarlo Landini, Gian Paolo Minardi, Carla Moreni, Paolo Petazzi, Giangiorgio Satragni), ha scelto i vincitori 2006.
Inoltre, la giuria del Premio Abbiati, in rappresentanza dell’Associazione Nazionale Critici Musicali, di fronte alla gravissima situazione economica e gestionale dell’Orchestra “Giuseppe Verdi” e preoccupata che Milano rimanga senza un’orchestra sinfonica stabile, chiede che le forze politiche lombarde e nazionali, con quelle impresariali, si impegnino a trovare in tempi brevi soluzioni tecniche e finanziarie efficaci per salvaguardare la stagione e le altre attività artistiche della “Verdi”, garantendone il futuro
Messa in scena da Robert Carsen (scene e costumi di Patrick Kinmonth,luci di Robert Carsen e Peter Van Praet, coreografie di Philippe Giraudeau) e diretta da John Eliot Gardiner. Per la bellezza aspra e originale dell’allestimento fondato sull’elemento-acqua con le sue inquiete spettralità e luminescenze: perfetto per identificare e dare rilievo, tra essenzialità gestuali e audaci immagini scenico-coreografiche, alla forza della narrazione teatrale e al drammatico percorso psicologico della protagonista evocato dalla musica.
Per la coerenza e qualità nella difesa del valore della musica da camera – nel solco di una tradizione oramai secolare – e per il significativo modello per le numerose associazioni omologhe italiane; per la programmazione dove emerge la frequenza dei cicli liederistici o dedicati al quartetto per archi ma attenta anche all’aspetto didattico grazie agli incontri di studio con artisti ospiti, e formativo, in particolare durante i concerti di “Settembre in musica” riservati ai giovani interpreti.
Prazie all’inventivo e abilissimo gioco di squadra (Perrick Sorin, video; Christian Taborelli, costumi; Gianluca Cappelletti, luci) ha fatto rivivere nella Pietra di paragone (Parma, Teatro Regio) magie e effetti illusori del teatro antico, affidati a tecnologie contemporanee: lo sdoppiamento della scena, i dettagli dei protagonisti nei video in primo piano, la tinta americana dei colori squillanti ma freddi come i quadri di Hopper, nei costumi chic alla Jackie Kennedy esaltavano l’umorismo geometrico della scrittura rossiniana conferendole chiave attuale e esattezza cristallina.
Per la ragionata scelta di repertorio e la proprietà stilistica espresse nella Pietra di Paragone di Rossini (Parma, Teatro Regio) e nelle numerose interpretazioni di riferimento proposte nelle opere di Monteverdi e Haendel, tra cui il Giulio Cesare che ha inaugurato la stagione di musica da camera di Santa Cecilia.
Creata nel 2003 su iniziativa di Regione, Ort e associazione Pro Verbo di Prato, emittente interamente dedicata alla programmazione di musica sinfonica, operistica e jazz, ventiquattro ore su ventiquattro, e ora ascoltabile anche su internet, ha coronato con significativo e fedele riscontro nel numero degli ascoltatori un importante progetto di diffusione capillare del repertorio classico, testimoniando l’importanza e il ruolo divulgativo prezioso che può avere la radio, e una programmazione varia, intelligente e attenta alla produttività locale.
Due momenti di grande rilievo della ricerca del compositore tedesco, presente anche per un seminario a Reggio Emilia. Fedele al geniale rigore del suo lavoro sul suono, al radicalismo con cui sa ripensare i materiali sonori con intuizioni assolutamente nuove, in questi e altri lavori sinfonici Lachenmann ha saputo confrontarsi anche con forme di ampio respiro, con esiti di rara suggestione e compattezza.
Per l’intelligenza musicale, la penetrante qualità di concertazione e il respiro teatrale avvincente espressi nella Tosca (Milano, Teatro alla Scala), che ha ribadito la sua affinità speciale con i tempi, le passioni e i colori della scrittura pucciniana, e la qualità importante delle numerose presenze concertistiche italiane.
Per la coerenza stilistica, la continuità musicale e la fantasia interpretativa manifestate nell’integrale della Sonate di Beethoven, suonate in ordine cronologico secondo un’illuminante intenzionalità stilistico-esecutiva, e proposte in varie città e istituzioni italiane.
Per la costante crescita vocale e scenica testimoniata soprattutto nei ruoli mozartiani di Masetto/Leporello (Milano, Teatro alla Scala) e Papageno (Venezia/La Fenice e Torino/Teatro Regio).