XXXII Premio Abbiati – vincitori stagione 2012
Riunione Milano, 16 aprile 2013
La commissione della 32esima edizione del Premio “Abbiati” (Danilo Boaretto, Alessandro Cammarano, Andrea Estero, Angelo Foletto, Dino Foresio, Enrico Girardi, Giancarlo Landini, Marilisa Lazzari, Patrizia Luppi, Gian Paolo Minardi, Gregorio Moppi, Alessandro Mormile, Paolo Petazzi), anche sulla base delle segnalazioni scritte dei colleghi, ha designato i vincitori 2012.
Per la verità interpretativa di un allestimento scenico poeticamente profondo e minuzioso, radicato nella cultura del romanticismo seppure affidato a immagini moderne, a partire dalla figura antierorica del protagonista, l’eccezionale Jonas Kaufmann, che si armonizzava alla lettura musicale di finezza e spessore assoluti, potenziando un progetto artistico di straordinaria resa complessiva.
Per l’originalità e l’autenticità di una scrittura che trae alimento dalle risorse timbrico-percussive dei più svariati strumenti, tradizionali e “inventati”, e per la compenetrazione di tali “oggetti sonori”, frutto di una lunga e sistematica ricerca, entro cornici formali di rara immediatezza e forte comunicatività.
Con tre spettacoli molto diversi, si è imposto con mano competente, originale e poetica: in Bohème allo Sferisterio (Macerata Opera Festival) ha colpito per la tenuta del linguaggio drammaturgico pucciniano, spostato nel clima giovane e fiducioso del Sessantotto parigino; in La fuga in maschera, rarità di Spontini (Jesi Festival Pergolesi Spontini) ha giocato con leggerezza nel clima della commedia buffa; in Nabucco (Cagliari, Teatro Lirico) ha inventato con mezzi essenziali la tinta corale del dramma di Verdi.
Per Ciro in Babilonia di Rossini (Pesaro, Rof, regia Davide Livermore, scene Nicolas Bovey) ha realizzato con estrosa fantasia costumi e trucchi in bianco e nero modellati sullo stile degli abiti Anni Venti, influenzati anche da richiami al primo cinema muto e al figurativismo dell’antica cultura assiro-babilonese.
Per la straordinaria caratterizzazione di Ortrud nel Lohengrin (Milano, Scala), nella quale ha dimostrato di sposare totalmente l’idea drammaturgica di Claus Guth e Ronny Dietrich che la vuole “cattiva maestra di pianoforte” e, più ancora, algida aberrazione della figura materna. La Herlitzius tratteggia la Grafin von Telramund con vocalità impetuosa, modernissima eppure sempre attenta a non tradire il dettato wagneriano, accompagnando il canto con sontuosa e coinvolgente presenza scenica.
Per la ricostruzione dell’allestimento scenico di Josef Svoboda di “Macbeth” di Verdi, realizzata con perizia, tecniche e materiali moderni, adatti alle nuove apparecchiature di proiezione e di illuminazione: esemplare esempio di restauro teatrale finalizzato al recupero d’una testimonianza scenica storica altrimenti perduta, e commisurato alle dimensioni e alla dotazione dei palcoscenici dei teatri di tradizione.
Leonora Armellini, pianoforte. Laura Marzadori, violino. Ludovico Armellini, violoncello.
Presenza importante nelle stagioni sinfoniche del Maggio Musicale fiorentino e della Filarmonica della Scala, il maestro genovese raggiunge esiti ragguardevoli in Roméo et Juliette di Gounod (Genova, Teatro Carlo Felice) e Manon di Massenet (Milano, Teatro alla Scala), dove al rifinito lavoro con l’orchestra scaligera unisce la capacità di accostarsi all’opera con piena consapevolezza stilistica, restituendole passo fantasioso e avvincente ritmo teatrale secondo lo spirito autenticamente comique della partitura.
In simbiosi con la vocazione antirealistica del regista Pippo Delbono, colloca Cavalleria rusticana (Napoli, Teatro San Carlo) negli spazi vuoti e ombrosi di un palazzo d’epoca abbandonato talvolta inondato dalla luce radente che entra dalle ampie finestre, creando con perfetta sinergia tra spazio, colori e luci un’ambientazione sognante e onirica che supera il bozzettismo della tradizione e offre una visione d’opera aperta sulla modernità.
Per la realizzazione dell’integrale sonatistico beethoveniano (Società del Quartetto di Milano e Amici della musica di Firenze) dove il segno violinistico di Kavakos, nella sua vocazione a trascendere la dimensione strumentale e puramente virtuosistica per decantare il discorso in pura evocazione sonora si salda in strettissima unità con la visione di Enrico Pace, interprete di forte impronta nell’orientare il suo straordinario bagaglio alla ricerca di quella espressività racchiusa nelle dieci Sonate.
Interprete privilegiato di numerosi ed importanti titoli rossiniani, tra cui Otello, Gregory Kunde, unico tenore dall’Ottocento ad oggi, ha affrontato e risolto con eccellenti risultati anche l’omonima opera di Verdi, cantata alla Fenice di Venezia, senza dimenticare il contributo dato all’interpretazione della produzione verdiana con il Riccardo di Un ballo in maschera al Teatro Regio di Torino.
Per il suo essersi posto dal 2001 ad oggi come iniziativa di riferimento territoriale nello sviluppo, produzione e promozione dell’opera in un’ottica di costante ricerca tra repertorio e titoli meno frequentati, l’attenzione ai giovani ed il contenimento dei costi senza venire meno alla qualità.
Il progetto ideato e organizzato dagli studenti dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, dei Licei Giordano Bruno e Franchetti di Mestre, Marco Polo di Venezia, del Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia, e coordinato da Mario Brunello, che dà la possibilità di essere protagonisti sul palco dei singoli eventi, ma anche di pensare, gestire, promuovere l’intera rassegna.